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miercuri, 1 august 2012

Il posto sbagliato

Che cosa succede quando una persona si trova ad occupare un posto per cui non è adatta, in cui incontra difficoltà non previste, o che aveva sottovalutato?

Tutto dipende dalle sue qualità umane. In questa situazione le persone possono avere due reazioni diametralmente opposte. Alcune danneggiano l'impresa, altre se stesse.

Chi incomincia un nuovo lavoro, di solito è entusiasta, pieno di idee, di progetti. Ne parla con gli amici, con i familiari, chiede consigli. Poi li espone ai superiori, cerca il loro consenso, la loro approvazione e, di solito, la ottiene. Ottiene anche una benevola attesa dei colleghi che stano a guardare che cosa saprà fare. La miscela di entusiasmo e di benevolenza produce una specie di luna di miele. Ne beneficia persino il presidente americano nei primi mesi dopo la sua elezione.

Poi la fese dell'entusiasmo e del progetto finisce. Arriva il momento di integrarsi nella struttura organizzativa e, sopratutto, arriva il momento di tradurre i progetti in attività concrete, di portarli a compimento. Sorgono le difficoltà, l'ambiente si dimostra molto più difficile di quanto non sembrasse. Incomincia ad annaspare, si affatica, non ce la fa.

E' a questo punto che entrano in gioco le differenze di personalità. Esistono due tipi umani opposti, che reagiscono in maniera opposta. Il primo tipo non si rende conto della sua insufficienza, non vuole o non riesce ad ammetterla. Il secondo, invece, la riconosce.

Incominciamo a parlare del primo. Innanzitutto perché è il più frequente, poi perché è quello che produce le maggiori devastazioni. Costui non capisce di non essere all'altezza. Si rende conto di essere in difficoltà soltanto quando si accorge che gli altri hanno dei risultati e lui no. Incapace di guardare dentro di sé, il suo insuccesso gli si presenta oggettivato: sono gli altri che riescono che vincono.

La sua reazione è di invidia. Si mette a guardare ossessivamente i loro risultati, a rodersi per quanto ottengono.  Dimentica i suoi programmi, e si fa assorbire completamente dalle chiacchiere, invischiare nella maldicenza. Pieno di risentimento, cerca dei complici che siano d'accordo con le sue critiche. Poi incomincia ad ostacolare chi riesce. Lo fa con ogni mezzo, quasi con sadismo.

Se questo tipo di persone ha una posizione di potere, incomincia ad angariare i dipendenti. Li accusa di tutto quello che va male. Spesso si lascia andare a collere improvvise, usa parolacce, insulti, volgarità.

Poi, più le cose peggiorano, più si sente perseguitato, circondato di complotti. E così, a poco a poco, incomincia elaborare una giustificazione ideologica del suo insuccesso. Il mondo è corrotto, pieno di mafiosi. Costoro si aiutano l'un l'altro, fanno carriera.

In tutte le aziende, in tutti gli ambienti, ci sono questi teorici dello sfascio, questi moralisti velenosi che passano il loro tempo ad accusare e a condannare.

Veniamo ora all'altro tipo umano. Quello che, invece, riesce a rendersi conto di non avere le qualità necessarie ad affrontare la situazione. Incapace di invidia, cerca aiuto. Ma spesso gli altri, abituati alle macchinazioni, glielo rifiutano. A poco a poco si allontano da lui, lo lasciano solo. E lui incomincia ad autoaccusarsi, a deprimersi. Si lascia andare fisicamente. Talvolta si mette a bere. Se è una donna, si trascura. In sostanza si autoaggredisce.            

Per uscire da questa situazione autodistruttiva, deve avere il coraggio di accettare il suo insuccesso, di chiedere lui stesso di cambiare lavoro.

Spesso la nostra incapacità come la nostra capacità è specializzata. E se non riusiamo in un ruolo, possiamo trovarci benissimo in un altro. La duttilità e anche saper cambiare.